Dallo spazio forse il primo segnale diretto della materia oscura

NELLO spazio, per la prima volta potrebbero essere state identificate particelle di materia oscura, una materia invisibile – che secondo le previsioni costituisce circa l’85% della materia totale dell’universo – la cui presenza finora era stata rilevata soltanto attraverso osservazioni indirette. Ad affermarlo, è un gruppo di ricercatori inglesi, dell’Università di Leicester, a partire dalle osservazioni del telescopio spaziale XMM-Newton, lanciato in orbita nel 1999 dall’Agenzia Spaziale Europea. Lo studio è pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

Elusiva e misteriosa, la materia oscura non emette luce e finora indizi della sua presenza erano stati messi in evidenza non rilevandola direttamente, ma solamente mediante misurazioni degli effetti gravitazionali che la sua massa genera sulla materia ordinaria, cioè sui corpi celesti e sulla luce nello spazio: dunque solo attraverso questi corpi è possibile rilevare tracce della sua presenza.

Ricercata da decenni, secondo le teorie la materia oscura rappresenterebbe una sorta di collante dell’universo, tenendo insieme le galassie, che altrimenti sfuggirebbero, “volando” via. “Il suo rilevamento diretto ha occupato la Fisica per oltre 30 anni”, ha commentato il professor George Fraser, Direttore del Centro di Ricerca Spaziale dell’Università di Leicester, scomparso nel marzo scorso, che ricorda come fino a oggi la presenza di questa materia sia stata valutata soltanto attraverso misurazioni indirette.

I ricercatori hanno condotto un ampio studio a partire dall’archivio dell’osservatorio di XMM-Newton, il telescopio che quest’anno, in dicembre, festeggia il suo 15° compleanno in orbita. Da queste osservazioni, gli scienziati hanno individuato la possibile “firma” della materia oscura all’interno di un segnale da essi definito “curioso”, dato che risulta differente rispetto a quello che si aspettavano. Questo segnale è stato rilevato nel “cielo a raggi X”, ovvero in un’immagine che mostra il cielo nei raggi X, effettuata dal particolare telescopio (i raggi X rappresentano una radiazione elettromagnetica con lunghezza d’onda molto inferiore rispetto alla luce che comunemente vediamo).

Nello studio, i ricercatori dell’Università di Leicester descrivono il proprio risultato, che non ha spiegazioni ordinarie. “Il background a raggi X (ovvero lo sfondo del cielo dopo la rimozione delle sorgenti di raggi X, ndr) appare rimanere invariato a ogni osservazione successiva”, ha spiegato il dottor Andy Read, del Dipartimento di Fisica e Astronomia all’Università di Leicester, che ha guidato lo studio. “Tuttavia, noi abbiamo scoperto un segnale ‘stagionale’ in questo background a raggi X, che non ha una spiegazione convenzionale, ma risulta coerente con la scoperta di assioni”.
In pratica, gli scienziati hanno riconosciuto nella particolare “mappa” a raggi X del cielo uno straordinario segnale stagionale contenente la potenziale presenza di “assioni” emessi dal Sole: gli assioni sono ipotetiche particelle elementari, che rappresentano dei candidati per la materia oscura. “Sembra plausibile che questi siano effettivamente prodotti nel nucleo del Sole e si convertano in raggi X nel campo magnetico terrestre”, ha affermato Fraser.

L’ipotesi degli scienziati è che queste particelle di materia oscura si convertano appunto in raggi X nell’interazione col campo magnetico terrestre: per questo il segnale rilevato dal telescopio risultava differente rispetto a quello previsto in assenza degli assioni. Dopo aver esaminato le osservazioni “a livello spaziale, temporale e in termini del ‘background cosmico nei  raggi X’ [appunto la ‘radiografia’ del cielo, ndr], abbiamo concluso che questo segnale variabile è conforme con la conversione di assioni solari nel campo magnetico terrestre […]”, riportano i ricercatori nello studio.

Questa scoperta “potrebbe avere enormi implicazioni, non solo per la nostra comprensione del cielo nei raggi X, ma anche per identificare la materia oscura, che domina il contenuto di massa dell’universo”, ha concluso il dottor Read: infatti, secondo le previsioni, la materia visibile, quella a noi nota, costituisce soltanto circa il 5% della composizione dell’universo, mentre la restante parte è data esclusivamente dalla materia oscura e dall’energia oscura.

Servono, naturalmente, degli approfondimenti. “Si tratta di un risultato sorprendente”, ha aggiunto il Professor Martin Barstow, Presidente della Royal Astronomical Society, Società scientifica del Regno Unito. “Se confermato, potrebbe rappresentare il primo rilevamento ed identificazione diretta delle elusive particelle di materia oscura e potrebbe avere un impatto fondamentale sulle nostre teorie dell’Universo”.

L’osservatorio XMM-Newton, la sua attività e l’archivio di dati individuano una delle più importanti collaborazioni internazionali tra gli stati membri dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e non solo, ha fatto sapere l’Università di Leicester. Il lavoro condotto dagli autori sulla calibrazione del XMM-Newton è stato supportato dall’Agenzia Spaziale del Regno Unito (UK Space Agency).

Fonte Repubblica.it

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