Vita da strega: la lezione di Miyazaki per la piccola Kiki

Questo non è solo un film per ragazzi. “Kiki consegne a domicilio” è davvero un film per tutti, perché racconta con leggerezza e commozione l’emozione della vita. Hayao Miyazaki (celebrato maestro dell’animazione giapponese), attraverso piccole emozioni profonde che si susseguono scena dopo scena, si sofferma su quel momento critico e fondamentale che porta dall’adolescenza all’età adulta. La protagonista è Kiki, una (buonissima) strega. A tredici anni compiuti (così accade fra le streghe) decide che è arrivato il momento di lasciare la casa e i propri genitori. Nel corso di una piccola, emozionante cerimonia di addio, Kiki saluta mamma, papà e parenti. Poi con il suo gatto parlante Jiji (si legge Gigi), inforca la scopa e parte verso il cielo ed il mare.

Sembra proprio di rileggere in queste scene le parole del grande pedagogista Marcello Bernardi, secondo il quale la famiglia «è quel porto ideale, sicuro e incrollabile, dal quale si parte per la conquista del mondo, ma al quale si può sempre ritornare». Non è ancora bravissima a guidare il suo mezzo volante, ma Kiki arriva in una città trafficata, al centro della quale svetta un alto campanile. La Koriko inventata da Miyazaki è una città europea (le automobili tengono la destra, al contrario di quanto si fa in Giappone e in Inghilterra) in cui si ritrovano elementi diversi: la radio trasmette in inglese, le scritte per le strade sono nelle lingue più varie (anche l’ungherese e l’italiano), c’è tanta gente aperta e disponibile. Insomma, sembra un luogo ideale per crescere e capire il mondo. Kiki qui supera il primo momento di difficoltà (anche perché alle streghe la gente di Koriko non è abituata) trovando una sistemazione e un lavoro di consegne a domicilio in una panetteria (chi può farle meglio di lei, che vola su una scopa?). In queste scene la streghetta vive un momento di grande felicità e di grandi emozioni: mette a posto la sua prima casa, si accorge che un ragazzo le fa la corte, si gusta le sue prime soddisfazioni sul lavoro.

Ma la vita cambia spesso le carte in gioco, e mette alla prova anche chi ha appena assaporato le sue prime certezze. E così, dopo aver preso tanta pioggia nel corso di una delle sue consegne, Kiki si becca un terribile raffreddore. Quando guarisce si accorge che dentro di lei qualcosa è cambiato. Che non riesce più a capire il suo gatto (sente solo i miagolii), che non riesce più a volare sulla scopa. Questo è un punto cruciale del film (che si distacca dall’omonimo e meno emozionante romanzo della scrittrice giapponese Eiko Kadono), in cui spettatori e protagonista si chiedono se ci sia davvero un momento in cui la magia, che in qualche momento della nostra vita abbiamo vissuto, si perde. Se davvero il passaggio alla vita adulta non può che essere la fine della speranza, dell’emozione, della sorpresa.

Non raccontiamo ovviamente cosa accade nella parte finale del film, la più avventurosa, in cui giocano un ruolo importante Tombo, il ragazzo che corteggia Kiki, appassionato di mezzi volanti, e Ursula, una giovane pittrice. Ma certo il sogno non si spezza, perché Hayao Miyazaki in questo film (che è del 1989, successivo a “Il mio vicino Totoro”) senza alcuna melensaggine ci insegna che quando la vita toglie le certezze conquistate sa proporre nuovi scenari di serenità.

Un consiglio fondamentale: bisogna rimanere seduti a guardare anche quello che è nascosto durante i titoli di coda. Non ci sono ciak sbagliati, né gag a sorpresa, ma l’epilogo e il senso stesso del film: quasi Miyazaki voglia farcelo scoprire superando la nostra abituale fretta e distrazione.

di Luca Raffaelli

Fonte Repubblica.it

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