UN ESERCITO DI ANGELI

Il 12 novembre scorso, in un incidente aereo, su un monte sconosciuto del Kosovo, pochi chilometri a nord di Pristina, Paola Biocca è morta insieme ad altre 23 persone. Paola Biocca, attivista di Greenpeace, scrittrice, aveva vinto il premio Calvino ’98 con il suo primo romanzo “Buio a Gerusalemme”. Da circa 10 anni lavorava negli organismi d’emergenza dell’Onu ed era la portavoce a Roma del Programma Alimentare delle Nazioni Unite. L’ultimo viaggio umanitario le è stato fatale, insieme agli altri passeggeri di diversa nazionalità, ma uniti dallo stesso spirito umanitario: quello di aiutare le popolazioni martoriate dalle guerre, hanno concluso la loro vita proprio nel Paese dove avevano operato di più. Ciò che è accaduto in Kosovo ha risvegliato le coscienze di tutti coloro che hanno sporcato la missione Arcobaleno, lasciando che si dimenticasse tutto. Durante la crisi che ha caratterizzato la zona dei Balcani, ciò che ha distinto la nostra nazione non è stato, come molti hanno contestato, la presenza delle forze armate italiane né l’uso incessante delle nostre basi come appoggio per i bombardamenti, ma il lavoro umanitario di tanti volontari, associazioni, semplici persone che hanno voluto attivarsi sul campo per rendere ai profughi del Kosovo l’illusione di essere in una situazione di vita “normale”, dignitosa, degna di un essere umano. In una regione in cui gli innocenti sono spettatori e, molto spesso vittime, delle atrocità, delle violenze e della barbarie umana, gli italiani, con le attrezzature dei militari (già presenti in altre zone del mondo come “soldati della pace”), con la miriade di container degli aiuti umanitari colmi di generi alimentari, vestiario ecc. donati con generosità che non ha eguale nel mondo, hanno costruito la missione ARCOBALENO. Una missione che ci ha reso finalmente fieri d’esser italiani, come ci ha reso ancora più fieri essere coperti d’elogi dai nostri partner europei che non hanno più citato il nostro Paese solo per le furberie, le ruberie ecc, ma per meriti nobili. La missione Arcobaleno ha sfondato il muro d’indifferenza della gente, anche perché gli avvenimenti che si sono succeduti nei Balcani riguardavano una regione separata da noi da pochi chilometri di mare e, quindi, molto vicini al nostro vivere quotidiano. Come non ricordarsi dell’umanità della gente di Puglia che ha accolto le migliaia di profughi che si riversavano sulle coste, tutti i giorni e tutte le notti. In un mondo cinico Paola e gli altri facevano parte di un esercito di angeli cui spesso i mass media dimenticano l’esistenza, forse perché il loro operato non fa notizia. Paola Biocca non la conoscevo personalmente, avevo presenziato alla presentazione del suo libro, del quale, come tutti, mi ha colpito il prologo: “Mi chiamo Eliza Zik e non credo al destino né a Dio né ad alcuna delle cose che gli altri trovano a conforto. Credo al silenzio e a quello che vedo e so che bisogna soltanto lavorare al proprio compito, lavorare duramente, con intenzione costante. E ho lavorato”. Il miglior modo per ricordare Paola, come per tutti i suoi compagni di viaggio, non è una targa o l’intitolazione di una strada alla memoria, ma operare, in silenzio, per gli altri.

F. Bellocchio

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